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La palazzina è senza ascensore, donna disabile segregata in casa

Rione San Giuliano. Giovanna Modica di 40 anni non può scendere le scale: «Sono prigioniera tra queste mura»

TRAPANI. La palazzina è sprovvista di ascensore e lei, Giovanna Modica, quarantenne, disabile, è costretta, da un paio d’anni, a vivere segregata in casa. Nessun contatto con il mondo esterno, prigioniera tra le mura domestiche, emarginata 24 ore su 24. Affetta da «neuropatia muscolare» - cammina a stento, aiutata dai tutori che le consentono di sollevare i talloni rimanendo sulle punte dei piedi -, Giovanna abita al terzo piano dello stabile al lotto 39, nel popolare rione San Giuliano, nel territorio di Erice Casa Santa. Non può scendere le scale e così le sue giornate le trascorre nell’appartamento che divide con la madre: Antonina Mollica di 60 anni. La donna, per alleviare le tribolazioni quotidiane della figlia, lancia un appello alle istituzioni: «Questo edificio non è adeguato alle condizioni di Giovanna. Lei qui vive male. Anzi, non vive proprio. Serve un’abitazione al piano terra per consentire a mia figlia di poter uscire di casa». Antonina Mollica, due anni fa, aveva fatto richiesta al Comune di Erice per ottenere una nuova casa. «Da allora - racconta - faccio avanti e indietro dagli uffici dei Servizi sociali senza aver ancora ottenuto niente». Nel tetto della cucina ci sono infiltrazioni d’acqua. «Il pericolo - rileva Antonina Mollica - è che il soffitto possa venire giù da un momento all’altro. Per due volte è stato necessario l’intervento dei vigili del fuoco. L’ambiente è umido e non giova alle condizioni di salute, peraltro, già precarie, di mia figlia». Giovanna Modica ha gli occhi tristi. «Mi hanno tolto – il suo amoro sfogo - la voglia di vivere. Le mie giornate trascorrono tutte uguali, senza alcuna gioia, senza momenti di svago e di divertimento. Il mio mondo è solo tra queste mura. Sto sempre rinchiusa qua dentro. E’ da due anni che va avanti questa storia. Sono stanca. Non ce la faccio più. Paghiamo 300 euro d’affitto al mese per abitare in una casa-prigione». Frattanto, sulla vicenda è intervenuto il sindaco di Erice Giacomo Tranchida: «La famiglia ha scelto autonomamente una abitazione in affitto. Il Comune che ha già garantito diversi servizi al nucleo familiare in questione, non può fare altro che consigliare soluzioni alternative sul mercato privato, che spettano esclusivamente al capo-famiglia. Noi non possiamo fare altro - conclude il primo cittadino - che manifestare la nostra sensibilità verso questo caso umano, assicurando che la problematica continuerà ad essere seguita dai nostri Servizi sociali».

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