Sono bastate le prime piogge per far cambiare colore alla Riserva dello Zingaro. Perché la natura seppur offesa riesce sempre a stupire gli uomini. Anche quelli più stupidi che in una giornata d’inizio agosto hanno provocato lo scempio naturalistico più disastroso degli ultimi anni.
Forse con una sigaretta accesa o il fuoco appiccato da tutt’altra parte, lungo la strada tra Custonaci e San Vito Lo Capo, poi finito lì, nel cuore della Riserva più ampia della Sicilia, lo Zingaro, arso dalle fiamme, dai monti più alti e sino a ridosso delle cale d’acqua cristallina.
A un mese dall’inizio della campagna del Giornale di Sicilia, ecco il punto della situazione dello Zingaro ferito.
E allora iniziamo col dire che chi è stato colto dallo sconforto nel vedere le montagne ridotte a cenere e le palme a scheletri anneriti, inizia oggi a rincuorarsi.
La Riserva ha iniziato a rimettersi in piedi, complice le prime piogge che hanno favorito la rinascita delle piante offese dalle fiamme. Le palme nane, innanzitutto. Dai tronchi neri sono venute fuori le prime foglie verdi, quasi una mossa della natura che si riappropria del suo spazio. Ma era già successo poche settimane dopo l’incendio in contrada Acci, l’altopiano nella quota forse più alta della Riserva, dove un abbeveratoio naturale serve a rifocillare i cavalli allo stato brado.
Qui, attorno al ruscello d’acqua, era ricresciuto il prato verde, segnale di speranza in una terra annerita come la pece. Oggi la Riserva pian piano mostra nuovamente i colori, sotto il sole autunnale e le prime piogge settembrine. Ad agosto chi vive dentro la Riserva ha implorato che piovesse presto. Per aiutare la natura e per ridare sicurezza a quell’ambiente devastato e messo in bilico dal fuoco. Perché, paradossalmente, la scomparsa di arbusti e della prateria ha posto il rischio della caduta massi dalle zone di alta quota. Ecco perché fu chiusa la Riserva per alcune settimane, per poi essere riaperta soltanto nelle zone a pochi metri dai due ingressi di San Vito Lo Capo e Castellammare del Golfo.
Le prime piogge, però, sono servite a poco. In Riserva si aspettano quelle più intense che potranno far rotolare a valle gli eventuali massi a rischio. Ma bisognerà aspettare, ancora una volta, i tempi della natura. Intanto gli uomini hanno iniziato a ricostruire le cose distrutte dal fuoco. È stata risistemata la conduttura d’acqua che arriva sino al museo della tonnara, si sta rimettendo la nuova staccionata lungo i sentieri e la segnaletica in legno su alcuni percorsi dove il fuoco ha devastato tutto.
All’opera ci sono gli operai forestali ai quali la prossima settimana scadrà il contratto. E, probabilmente, i lavori si fermeranno. La natura, però, continuerà a dimostrare la sua forza rigeneratrice. «Contiamo di ripristinare tutto in Riserva entro la fine dell’anno - assicura fiducioso Vincenzo Di Rosa, direttore generale dell’Assessorato regionale al territorio ed ambiente - con le nostre stesse maestranze stiamo già liberando dai detriti alcuni sentieri più battuti, ripulendo le zone ricolme dalla cenere».
Il resto sarà questione di tempo. Per la rinascita serviranno frammenti di mesi più lunghi rispetto a quella manciata di ore durante le quali le fiamme, in quelle giornate d’agosto, hanno divorato tutto, camminando sulle montagne e scendendo sino a valle, lasciandosi alle spalle cenere e arbusti anneriti.
Una delle pochissime zone che si è salvata dalle fiamme è bosco Pianello, insieme a borgo Cusenza. Il fuoco è stato bloccato prima e lì i colori della natura sono rimasti intatti, da contrasto alle montagne annerite in quelle due notti tragiche, sulle quali il sindaco di San Vito Lo Capo Matteo Rizzo ancora oggi attende chiarezza. A una sua missiva in cui ha chiesto alla sala operativa della Forestale i tabulati delle telefonate di quei due giorni d’inferno, nessun ha ancora risposto. «Ad oggi rimane l’atroce dubbio che questo scempio si potesse evitare - dice Rizzo - e se gli interventi coi mezzi aerei siano arrivati in tempo e come siano stati coordinati. Sapere con chiarezza cosa sia avvenuto in quelle giornate è un diritto sacrosanto al quale non possiamo rinunciare».
I turisti intanto sono ritornati ad assaporare le bellezze delle prime cale dall’ingresso di San Vito Lo Capo. Quel mare cristallino che anche sul versante di Castellammare del Golfo, sino a Cala Capreria, è ritornato fruibile per gli ultimi bagni autunnali. Il resto della Riserva rimane, attualmente, ancora un panorama desolato agli occhi di chi volge lo sguardo verso la montagna, col grigio della cenere e il nero degli arbusti rimasti in piedi, nonostante tutto. Ma qui in Riserva tutti sono fiduciosi che, alla fine, la natura vincerà sull’uomo: «Nel tragico scempio, paradossalmente, quella cenere sarà l’ottimo humus per far nascere anche le orchidee». Una pennellata di straordinari colori attesa per la nuova vita dello Zingaro, la Riserva già pronta a rinascere.
E a stupire pure quegli stupidi uomini che, agli inizi d’agosto, gli hanno cancellato i colori.