
Ebbene sì, lo Zingarelli, il famoso vocabolario della lingua italiana edito da Zanichelli, ha inserito il vocabolo «Busiata» come simbolo della gastronomia siciliana. A Trapani è già festa nazionale con lo slogan: «Più pesto per tutti». Una bella notizia per noi siciliani che amiamo la pasta. Infatti per noi non è un alimento, è un sacramento: «Prima il segno della croce, poi il segno della forchetta».
Pensate che abbiamo il primato nazionale di consumo: ogni siciliano ne mangia circa 40 kg l’anno. Mi sembra normale visto che in Sicilia la pasta si mangia anche a colazione, soprattutto quella rimasta la sera prima preferibilmente non riscaldata, ma fritta. Infatti se da noi sei a dieta, ti chiedono: «Ma la pasta la mangi lo stesso, vero?».
Del resto la Sicilia è la patria degli spaghetti. In particolare Trabia, vicino Palermo. Il geografo arabo Muhammad al-Idrisi, cita proprio Trabia nel 1154, come una zona caratterizzata dalla presenza di molti mulini dove all’interno si realizzava una pasta a forma di fili leggermente arrotondati, indicata con il termine di «itrya».
E anche le busiate risentono dell’influenza araba grazie alla forma tubolare attorcigliata, ma a differenza degli spaghetti, sono il tipico formato di pasta della città di Trapani e della sua provincia dove si organizzano sagre di busiate con condimenti di tutti i tipi: con il pesto, il pomodoro, al tonno, al pistacchio, con il ragù e pure con le verdure. Infatti in provincia di Trapani il tempo non si misura in ore, ma in piatti di pasta. «Che ore sono?». «Le due busiate e mezzo!».
La ricetta delle busiate al pesto è semplicissima: pomodoro, basilico, aglio, mandorle, pecorino, sale, pepe nero e busiate a sentimento.
Ma come mai è finito in un piatto siciliano il pesto ligure? Ha origine nei porti trapanesi, dove si fermavano le navi dei genovesi che fecero conoscere il pesto ai siciliani. I trapanesi, in seguito, modificarono la ricetta aggiungendo gli ingredienti tipici del territorio, creando un matrimonio culinario indissolubile. Infatti quando si sposano a Trapani, il parroco alla fine non dice: «Adesso puoi baciare la sposa» ma: «Adesso potete assaggiare le busiate al pesto», anche se forse è meglio dopo la prima notte vista l’abbondanza dell’aglio.
A Palermo dopo le busiate aspettiamo pure l’inserimento degli anelletti, la famosa pasta al forno che già è inserita nella Treccani riferendosi al formato di pasta a forma di piccoli anelli. Come per le busiate trapanesi, gli anelletti per i palermitani sono una promessa d’amore. A Palermo non prometti la fedeltà davanti all’altare, ma davanti a una teglia di pasta al forno e finché ragù non vi separi.

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