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Mafia a Marsala, la Cassazione conferma tre condanne

Corte di Cassazione

MARSALA. La Cassazione ha reso definitiva la sentenza con cui, lo scorso 13 novembre, la Corte d’appello di Palermo ha confermato le condanne inflitte l’8 giugno 2016 dal tribunale di Marsala a tre dei quattro arrestati nell’operazione antimafia dei carabinieri «The Witness», del 9 marzo 2015.

Gli imputati condannati sono Antonino Bonafede, 82 anni, pastore e vecchio «uomo d’onore», che secondo i magistrati della Dda aveva «ereditato» il bastone del comando in seno alla famiglia mafiosa di Marsala dal figlio Natale, in carcere dal gennaio 2003 con una condanna definitiva all’ergastolo; Vincenzo Giappone, di 56, anch’egli pastore, e Martino Pipitone, 68 anni, ex impiegato di banca in pensione, che in passato aveva scontato una condanna a 6 anni per mafia. Quest’ultimo, però, era stato assolto dal Tribunale di Marsala dall’accusa di mafia e condannato a due anni per intestazione fittizia di una società ad altra persona «per evitare eventuale confisca da parte dello Stato».

La pena più severa, 16 anni di carcere, il tribunale l’aveva inflitta ad Antonino Bonafede, pur escludendone il ruolo di vertice in seno alla locale famiglia mafiosa. E la Corte d’appello confermò. La pena per Bonafede è stata «complessiva»: include, infatti, anche i 6 anni già scontati per una precedente condanna per mafia. Confermata anche la condanna a 12 anni di carcere, sempre per mafia, per Vincenzo Giappone, che sarebbe stato il cassiere della famiglia e il primo collaboratore di Bonafede.

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