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Omicidio Rostagno, confermato l'ergastolo per il boss Virga

Mauro Rostagno

PALERMO. La mafia uccise Mauro Rostagno. Lo ha confermato la corte d’assise d’appello condannando all'ergastolo  boss Vincenzo Virga. La corte ha però assolto Vito Mazzara. Virga sarebbe stato il mandante, Mazzara era invece accusato di essere esecutore materiale dell'agguato nel 1988.

Decisiva la consulenza della difesa fatta dall'ex capo del Ris di Parma, il generale Luciano Garofalo, che ha illustrato alla corte d'assise d'appello di Palermo le sue conclusioni sull'esame del Dna che, secondo l'accusa, incastrerebbe il boss Vito Mazzara.  "Il Dna usato per la comparazione – ha detto Garofalo - era in quantità minima e comunque misto, riconducibile cioè al profilo genetico di più individui". La perizia sul Dna, estratto da parti del fucile usato per l'agguato - l'arma si ruppe durante la sparatoria - fu decisiva in primo grado per la condanna di Mazzara.

Il giornalista-sociologo sarebbe stato eliminato perché aveva alzato il velo sugli interessi di Cosa nostra a Trapani.  La sentenza d’appello è un ulteriore tassello verso la composizione di una verità difficile da accertare su una vicenda riaperta dopo una lunga paralisi investigativa attorno a piste rivelatesi inconsistenti. Era stato Antonio Ingroia, ora avvocato e allora pm della Dda di Palermo, a riaprire il caso su input del capo della squadra mobile Giuseppe Linares.

Una nuova impostazione investigativa ha fatto piazza pulita della tesi che aveva escluso la matrice mafiosa del delitto e l'aveva riportata all'interno della comunità Saman per tossicodipendenti. Rostagno, secondo i giudici, sarebbe quindi stato ucciso per il lavoro giornalistico che aveva tanto infastidito la mafia.

Passato attraverso l'esperienza della contestazione, negli anni Ottanta Rostagno era approdato a Trapani dove aveva fondato la Saman con il suo amico Francesco Cardella. Ma in Sicilia aveva allargato l'orizzonte del suo impegno diventando una voce scomoda dell'informazione. Al punto che con i suoi interventi dagli schermi di Rtc di Trapani il giornalista-sociologo era diventato una "camurria" (rompiscatole). Così lo aveva apostrofato Francesco Messina Denaro, padre del superlatitante Matteo. Rostagno seguiva le tracce dei traffici di droga, dei legami tra mafia e massoneria deviata, del malaffare nella pubblica amministrazione.

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