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"Corruzione elettorale", condannato un 36enne di Campobello di Mazara

Tribunale di Marsala

MARSALA. Pietro Luca Polizzi, 36 anni, figlio del presunto boss mafioso di Campobello di Mazara Nicolò Polizzi, è stato condannato dal Tribunale di Marsala ad un anno e mezzo di reclusione per corruzione elettorale. L'iniziale accusa era quella di voto di scambio politico-mafioso, ma poi, accogliendo la tesi della difesa, è stato lo stesso pubblico ministero della Dda Carlo Marzella a chiedere la derubricazione nell’ipotesi meno grave di corruzione elettorale.

«Non c'è prova del metodo mafioso nel procacciamento dei voti - ha detto il pm nella requisitoria - e l’imputato, pur gravitando in un contesto, anche familiare, mafioso, non è associato alla mafia». Poi, la richiesta di condanna a due anni.

Pietro Luca Polizzi fu arrestato, insieme al padre, nell’operazione antimafia «Eden» (13 dicembre 2013), ma poi fu scarcerato e messo ai «domiciliari». Secondo l’accusa, Pietro Luca Polizzi avrebbe stretto un accordo con Aldo Roberto Licata (anche lui già condannato, in precedenza, per corruzione elettorale) per procurare voti alla sorella Doriana Licata, nel 2012 candidata all’Ars per il «Partito dei Siciliani-Mpa».

Doriana Licata ebbe 4.686 voti, ma non riuscì ad approdare a Palazzo dei Normanni. Dalle indagini è emerso che per ogni voto sarebbe stato pagato fino a 50 euro. E un pacchetto di 500 voti sarebbe stato in vendita, con lo «sconto», per 15 mila euro. In una intercettazione, infatti, si sente Nicolò Polizzi che dice al figlio Pietro Luca: «Duemila ora e 13 mila a cose fatte». Le indagini, coordinate dalla Dda di Palermo, sono state svolta dai carabinieri del Ros.

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