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Motopesca di Mazara del Vallo fermato da miliziani libici

PALERMO. Sarebbe dovuta essere una normale giornata di lavoro. Una battuta di pesca come tante altre. Eppure non è stato così. Erano le 9.30 di stamattina quando, a circa 25 miglia nord nord-est dalla zona di Bomba, nell’area di Tobruk è scattato il fermo del motopesca "Ghibli Primo", iscritto al compartimento marittimo di Mazara del Vallo, da parte di miliziani libici. Tutto si è svolto come in un copione ormai tristemente logoro. Gli armatori Domenico Asaro e Luciano Giacalone, sostengono che il loro mezzo stesse navigando in acque internazionali antistanti la Libia.

L’imbarcazione, di proprietà della società mazarese «Lumifa, è stata affiancata da una motovedetta con a bordo uomini armati che hanno intimato al comandante Faro Licavoli e agli altri sei membri dell’equipaggio (tre italiani e tre tunisini) di fermare ogni attività e di seguirli. Dopo ore di navigazione il «Ghibli Primo» scortato è giunto nel porto libico di Ras al Hilal, rende noto Giovanni Tumbiolo, presidente del Distretto della Pesca e Crescita Blu. E aggiunge: «Si tratta di un sequestro anomalo che è stato seguito sia dal Comando generale delle Capitanerie di porto sia dalla Capitaneria di porto di Mazara del Vallo con il comandante Giuseppe Giovetti». Il Ministero degli Affari Esteri ha già attivato la filiera diplomatica per tentare di risolvere la questione.

Intanto le famiglie dei marittimi imbarcati dicono di essere "molto preoccupate». Attraverso alcuni contatti hanno però saputo che i loro congiunti «stanno tutti bene e non vedono l’ ora di tornare a casa».

«Speriamo - dice l’armatore Asaro - che le autorità italiane intervengano per evitare il peggio. E’ assurdo e anche inaccettabile che i nostri pescatori, che in quelle acque spesso salvano la vita di tanti migranti, vengano fermati oppure mitragliati come è avvenuto nel corso di questi anni. Chi ci difende dai miliziani libici? Si rischia la vita per andare a lavorare. A questo punto, per non mettere a repentaglio la nostra incolumità, conviene non fare più questo lavoro. E poi qualcuno si domanda perché i nostri giovani non vogliono più andare a pescare».
L’azione odierna è avvenuta con «una modalità inusuale - osserva Tumbiolo - in quanto il peschereccio si trovava nelle acque internazionali antistanti il Protettorato di Tobruk le cui autorità prontamente contattate erano all’oscuro dell’episodio». Anche l’assessore regionale all’Agricoltura e Pesca, Antonello Cracolici, sta seguendo direttamente le fasi della vicenda ed ha "chiesto alle autorità militari di intervenire con mezzi navali ed aerei per scongiurare il pericolo di un sequestro in una zona considerata pericolosa». Cracolici ha anche allertato le autorità diplomatiche italiane mettendosi in contatto con il Sottosegretario agli Affari Esteri, Vincenzo Amendola.

Scuote la testa il sindaco di Mazara del Vallo, Nicola Cristaldi: «Si ripete il triste rituale dei sequestri di natanti mazaresi in navigazione nel Canale di Sicilia. Tutto ciò conferma la necessità di aprire con i paesi rivieraschi protocolli di intesa, per assicurare lo svolgimento corretto dell’attività della marineria e serenità nel Mediterraneo». «Ci auguriamo - dice il primo cittadino - che intanto vengano assicurate le adeguate assistenze ai nostri marittimi e che possano rientrare subito dalle loro famiglie». Il peschereccio aveva mollato gli ormeggi mercoledì scorso dal porto di Licata prevedendo di stare in mare all’incirca un mese. «Siamo molto preoccupati - ribadisce Asaro - e speriamo che la diplomazia italiana possa far giungere a un celere rilascio». Il «Ghibli primo», sia a luglio 2012 che a novembre 2016 era già stato sequestrato da miliziani egiziani. E poi liberato.

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