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Il clan favoriva un imprenditore antiracket di Alcamo

Diversi sono stati gli episodi estorsivi accertati nel corso dell'indagine, alcuni dei quali provati anche con la collaborazione delle vittime

ALCAMO. Ufficialmente era tra i promotori dell'associazione antiracket di Alcamo, paese del trapanese, regno del boss latitante Matteo Messina Denaro. Di fatto, emerge dalle indagini dei carabinieri di Trapani, che hanno arrestato cinque esponenti della cosca di Castellammare del Golfo, godeva del supporto del clan, che gli avrebbe assicurato una sorta di monopolio nella fornitura del calcestruzzo. Ancora una volta l'antimafia di facciata viene "svelata" da un'inchiesta.

L'imprenditore favorito dalla cosca è, secondo quanto hanno accertato le indagini, coordinate dalla Dda di Palermo, Vincenzo Artale, responsabile di una società del settore del calcestruzzo. Ad Artale, che fa parte dell'associazione antiracket e antiusura di Alcamo, di fatto la mafia avrebbe garantito una posizione di forza all'interno del mercato. Con pressioni ed intimidazioni, i committenti di lavori privati o le ditte appaltatrici venivano costretti a rifornirsi di cemento dall'imprenditore, che si è aggiudicato tutte le maggiori forniture nei lavori in zona.

Diversi sono stati gli episodi estorsivi accertati nel corso dell'indagine, alcuni dei quali provati anche con la collaborazione delle vittime. Nel corso dell'operazione è stata sequestrata inoltre l'azienda "SP Carburanti s.r.l.", con sede legale a Castellammare del Golfo, considerata fittiziamente intestata a prestanome, ma riconducibile alla famiglia mafiosa di Castellamare del Golfo.

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