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Riciclaggio, imprenditore di Marsala condannato a 5 anni

L’accusa è di avere incassato denaro attraverso carte di credito clonate. Gli avvocati difensori: «Ci appelleremo, le transazioni erano tracciabili»

MARSALA. Cinque anni di reclusione, diecimila euro di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici e pagamento delle spese processuali. È questa la sentenza di condanna pronunciata ieri mattina dal giudice Gioacchino Natoli, presidente del Tribunale collegiale di Marsala (giudici a latere Giacalone e Quittino) a conclusione del processo a carico di Paolo Sciacca, titolare di un oleificio della periferia sud del Marsalese, accusato di aver incassato denaro attraverso carte di credito clonate, ma i difensori Stefano e Gabriele Pellegrino ribattono: «Ci appelleremo. La buonafede del nostro assistito è provata dal fatto che ha eseguito la transazione in maniera tracciabile e quindi in maniera da risalire a lui. Se avesse agito in malafede e avesse saputo che le carte erano contraffatte si sarebbe avvalso di teste di legno».

Già in sede di requisitoria il pubblico ministero Nicola Scalabrini aveva chiesto una condanna a cinque anni di reclusione ritenendo che sussista sia il reato di riciclaggio sia quello di indebito utilizzo di carte di credito, ma il legale Gabriele Pellegrino ha ribattuto: «Riteniamo non sussista il riciclaggio». Il processo ha preso il via dalle indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Marsala, all’epoca guidata dal capitano Roberto Lupo, sotto l’egida della Procura della Repubblica diretta da Alberto Di Pisa. Gli inquirenti avevano avanzato l’ipotesi di reato di illecito utilizzo di 25 carte di credito clonate all’estero in 56 operazioni, non tutte andate a buon fine.

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