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Mazara, zone di pesca ridotte a un fazzoletto: gli armatori alla «guerra del pesce»

I marittimi mazaresi protestano per il divieto di calare le reti nella zona del Mammellone

MAZARA. Per i pescatori di Mazara, il mare dove pescare è diventato un fazzoletto. Si protesta per la questione del Mammellone, una zona di pesca a sud-ovest di Lampedusa che, secondo la Tunisia, è da considerare come riservata alla pesca dei propri pescatori. Secondo gli italiani è invece da considerare «zona di ripopolamento ittico in alto mare». E quindi aperta a tutti.
È la «guerra del pesce». «Non è vero - dice Andrea Ingargiola che ha vissuto qualche sequestro di peschereccio - che andiamo a pescare in questa zona di mare a noi proibita, semmai la attraversiamo per dirigerci verso alcuni banchi di pesca. È questo l'equivoco. I nostri pescherecci non hanno le ali e quindi sono costretti ad attraversare quella zona di mare. Siamo stufi di sentirci dire che siamo dei "pirati" mentre i pescatori tunisini e libici scorazzano in lungo e in largo».
La questione è seria. È stata materia di un accordo tra Italia e Tunisia del 28 agosto 1971, che «segue il criterio della mediana tra le coste della Tunisia e quelle della Sicilia, senza dare alcun valore, ai fini della delimitazione, alle circostanze speciali rappresentate dalle isole italiane di Pantelleria, Lampedusa e Linosa, e all'isolotto disabitato di Lampione, come spiega il sito della Marina militare italiana». Per effetto di questo trattato, è stata concessa alla Tunisia un'area di quasi 30 mila chilometri quadrati, corrispondente a quella che sarebbe spettata all'Italia, ove fosse stata adottata la linea mediana rispetto alle Isole Pelagie. La soluzione prescelta comporta che il cosiddetto «mammellone», a 300 miglia da Mazara, ricada interamente all'interno della piattaforma tunisina. Questa contesa territoriale è alla base della tensione tra i pescatori siciliani e le autorità tunisine.
«Se il governo italiano non riesce a dirimere questa storia del mammellone - dice il marittimo Andrea Asaro che nella sua vita di pescatore imbarcato ne ha visto di cotte e di crude - questa storia del "mammellone" non finirà mai». Gli episodi di sequestro di natanti italiani e di arresto di marinai sono numerosi e a volte si è anche sfiorato l'incidente diplomatico, come accadde nel 1996 e nel 1998, quando l'allora ministro degli Esteri tunisino, Said Ben Mustapha, denunciò in modo ufficiale il «deliberato intervento a protezione di battelli italiani, che pescavano in acque territoriali tunisine, di un'unità della Marina militare italiana». I due governi, in quell'occasione, si sedettero attorno a un tavolo ed elaborarono una serie di accordi bilaterali, tra cui l'istallazione del Blue Box sui pescherecci italiani per segnalare in tempo reale l'eventuale sconfinamento. Malgrado ciò i sequestri sono continuati mentre i fondali italiani sono sempre più poveri. «Ma dove dobbiamo andare a pescare?», conclude Andrea Asaro.

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