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Sigilli pure al Cantiere navale Trapani Così cala il sipario sul gruppo «Satin»

Gli operai hanno manifestato anche ieri, esponendo uno striscione: «Giustizia è fatta»

TRAPANI. «Giustizia è fatta». L'enorme striscione con questa scritta viene sbandierato dagli ex lavoratori del Cantiere navale di Trapani davanti ai cancelli chiusi dello stabilimento che sorge su un'area di 70.000 metri quadrati. Sigilli non se ne vedono dall'esterno, contrariamente a quelli che sono stati affissi lo scorso fine settimana all'«azienda madre» Satin dello stesso gruppo imprenditoriale D'Angelo dopo la dichiarazione di fallimento proclamata dal Tribunale.
Un provvedimento che è stato emesso, hanno lamentato sommessamente ma con profonda amarezza, in una nota, gli amministratori e i soci delle società Satin e Cnt, nonostante essi «pur di evitare il definitivo dissolvimento delle aziende e un maggior danno per i creditori e i lavoratori», avessero adottato «l'onerosissima opzione del concordato preventivo d'impresa». Il piano avrebbe previsto l'aumento del capitale per 2 milioni e mezzo di euro e l'impiego di ulteriori risorse, pari a tre milioni di euro, provenienti dalla proprietà della «Marettimo M.», la petroliera che fu commissionata alla Satin dalla società siracusana «Augusta Due» del gruppo Mednav di Roma, per un progetto nato nel 2005 i cui lavori sembrava fossero arrivati in dirittura d'arrivo già il 22 maggio del 2009 quando si celebrò il varo della nave (136 metri di lunghezza e 26 di larghezza). Ma dalla mancata consegna della petroliera, che è ancora in cantiere, sono nate tutte le vicissitudini che hanno avuto come ultimo atto il provvedimento del Tribunale fallimentare.
Quasi quattro anni di tribolazioni che hanno visto, da un canto, una dura vertenza dei lavoratori, la cui massa è stata falcidiata dai licenziamenti, e, dall'altro, i tentativi del gruppo imprenditoriale D'Angelo di limitare i danni cercando anche di assumere, attraverso la Satin, alcuni operai che erano già stati alle dipendenze del Cantiere.
Iniziative che i lavoratori hanno sempre contestato, anche in maniera forte e plateale, con l'occupazione, per diversi mesi, della «Marettimo M.» e attuando un presidio che tuttora continua. Contestano anche le dichiarazioni del gruppo imprenditoriale D'Angelo secondo cui «malgrado la dichiarazione di fallimento le società non desisteranno dal porre in essere ogni tentativo utile per la tempestiva ripresa dell'attività attraverso gli strumenti giuridici consentiti dall'ordinamento» ed annunciano un loro documento in merito.

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