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Trapani, una malattia sconosciuta: ma Simone lotta e mamma l’aiuta

Lei è una poliziotta. E accudisce il figlio ventenne sulla sedia a rotelle. Lui si è diplomato e ora ama l’hip-hop

TRAPANI. Sorride Angela. E sorride pure Simone che a stento riesce a pronunciare: «Bella Mazara del Vallo».
Lui è rimasto stregato dal mare e dai colori quest’estate durante due giorni di vacanza con la mamma in un bed & breakfast del centro storico. Perché ci si innamora pure delle piccole cose, quando gli occhi non soltanto vedono ma anche parlano.
Quelli di Simone Salvo sono proprio così, si muovono coi sorrisi di un ventenne costretto sulla sedia a rotelle per una malattia genetica che non ha ancora un’identità. Non un nome, non una cura precisa ma soltanto la certezza che avanza. «È stata una via graduale – ricorda la mamma Angela – anno dopo anno il peggioramento». Simone quando è nato era un bambino normale. Una crescita regolare, i primi passi e una piccola malformazione ai piedi che mai avrebbe fatto pensare ad una malattia genetica. Era il preludio di un vita diversa per Simone e per tutta la sua famiglia.
«Ricordo il mio giuramento quando entrai in Polizia, Simone, mio unico figlio, venne in Campania coi propri piedi», dice Angela Ruggero, 43 anni, poliziotta in servizio presso la Questura di Trapani, che abita nelle campagne attorno a Fulgatore.
A sette anni il giro di boa per i segni evidenti della malattia, scandito da una pennellata indelebile di colore nero: la morte del padre. Anni difficili che non hanno fatto arrendere questa mamma, pronta a scoprire l’evoluzione di una malattia a tutt’oggi senza un’identità. Anonima, invasiva, senza freni, anche dinnanzi alla freschezza della giovinezza.
Da allora i viaggi tra i migliori ospedali d’Italia affinché qualcuno potesse dare un nome e una cura a quella malattia. Tutto vano, e di contro l’evoluzione che ha portato Simone nel 2001 sulla sedia a rotelle. «Accettare che la vita di tuo figlio cambia così repentinamente – dice Angela - è dura, mi hanno aiutato Dio e Simone stesso. Ricordo che provavo di nascosto la sedia a rotelle, mi sedevo e spingevo, era un modo per accettare che da quel momento mio figlio avrebbe visto il mondo da seduto». Simone in questi anni si è diplomato al liceo artistico di Trapani.
Da qualche mese per lui è anche arrivato l’hip-hop: due volte a settimana mamma Angela lo accompagna in palestra a Paceco, «la musica lo carica e lui si muove con la testa, con il cuore».
Non si sono arresi mai mamma e figlio e il sorriso di Simone è quello che Angela ha voluto condividere con gli altri: «Io sono felice quando so che una goccia della sua gioia viene vissuta da altre persone, perché nonostante in questo mondo ti scontri con tantissime stupidaggini, guardi gli occhi di tuo figlio e sei felice.
Ma guai a chiudersi a riccio, non bisogna sentirsi soli, né esclusivi». E Simone, che ascolta, si lascia scappare: «Io sono un ragazzo fortunato». Poche parole per un amore condiviso che risplende nel suo sorriso genuino. E in quello della sua mamma Angela.

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