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Chiude il "Principe di Napoli": trasferita Archeologia navale

Il vicepresidente, Giovanni Curatolo: "Insostenibile la spesa di circa 100 mila euro l’anno per la gestione"

TRAPANI. Chiude, almeno per il momento, il complesso ex Principe di Napoli, in via Cappuccini, finora utilizzato dal Consorzio universitario per ospitarvi la sezione staccata di Archeologia navale, corso della Facoltà di Conservazione dei Beni culturali della Università di Bologna, sede staccata di Ravenna.

«Il Consorzio, cui sono venute meno contribuzioni da parte del Comune di Erice e della stessa Regione - spiega il vicepresidente Giovanni Curatolo - non può più sostenere la spesa di circa 100 mila euro l’anno per la gestione dell’immobile, ma la chiusura - ribadisce - è momentanea perché è allo studio un progetto, ancora non definito (e per questo motivo non se ne può dare ufficializzazione), per renderlo nuovamente fruibile». I circa 80 studenti, quasi tutti fuori corso, della facoltà non saranno, però, abbandonati a sè stessi.

«Dopo che con l’Ateneo di Bologna, nei mesi scorsi, abbiamo sottoscritto un accordo che ne prevede la prosecuzione per due anni per dare modo agli studenti di laurearsi a Trapani senza sostenere le spese necessarie per trasferirsi presso la sede centrale per le sessioni di esami e lauree - ricorda Curatolo - abbiamo messo a disposizione due idonei locali della sede del Lungomare Dante Alighieri, dotati di tutti gli arredi, anche informatici, occorrenti. Non è certamente ”colpa” nostra ma delle restrizioni che da qualche anno a questa parte hanno colpito le Università se l’Ateneo di Bologna ha deciso la chiusura del corso di Archeologia del mare».

La chiusura del complesso ex Principe di Napoli è contestata, però, dall’archeologo Enrico Acquaro, della Facoltà di Archeologia fenicio-punica dell'Università di Bologna. «A prescindere dal fatto che il Consorzio universitario non ha avuto la sensibilità di avvertirmi della decisione, tant’è che nel mio ufficio avevo lasciato computer e altro materiale per usi istituzionali - sottolinea, infatti, il docente, uno dei maggiori esperti nel campo dei Beni culturali - la convenzione tra l'Università di Bologna ed il Consorzio trapanese prevede il mantenimento delle attività di laboratorio collegate a quelle di ricerca che tuttora si stanno effettuando in alcuni siti del territorio come l’isola di Mozia».

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