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La crisi degli artigiani ad Alcamo

È allarme sociale: il 35% delle aziende di falegnameria chiuderà a breve. Chiesti interventi

ALCAMO. «Lavorare per resistere? Noi vogliamo lavorare per vivere dignitosamente». L'unanime messaggio è lanciato alla politica non soltanto comunale, ma provinciale, regionale, statale ed europea, da imprenditori, artigiani, commercianti, che hanno preso parte ad una riunione nella sezione alcamese della Cna (Confederazione nazionale artigianato), il cui vicepresidente Baldo Pipitone, che è anche presidente provinciale dei falegnami, mette in evidenza: «Entro questo mese si presume che il 35 % delle aziende legate al mio settore chiuderà battenti. Non abbiamo la certezza di avere politici che ci sostengano. La politica si sta occupando di sopravvivere, ma non di creare un sistema-Italia. Ci si preoccupa di più di dare finanziamenti ai partiti. Mettere sempre più tasse. Il Comune pensa a sopravvivere, ma non pensa che, lasciando chiudere le aziende, avrà minori introiti». Rosario Scardino, presidente della Cna di Alcamo, non usa mezzi termini: «C'è una carenza da parte degli enti locali. Ad Alcamo un piano regolatore obsoleto. Piani particolareggiati che non trovano sbocco. Economia ferma». Nicola Cammarata, installatore, punta l'indice su un altro cruciale problema: «La formazione non è soltanto frequentare corsi. Ma è soprattutto fare pratica». In rappresentanza dei costruttori trapanesi, Antonino Maltese: «Il settore edilizio è totalmente in abbandono - afferma Maltese -. Non ci sono più risorse programmatiche su quello che potrebbe essere lo sviluppo lavorativo». Mentre Giovanni Marchese, presidente del Consorzio Sasi, vicepresidente del Patto territoriale e consigliere di amministrazione dell'Anpaca (Associazione nazionale per il coordinamento dei Patti territoriali e dei Contratti d'area), dichiara: «Il problema è anche l'accesso al credito. Questa è una situazione critica, che va affrontata detassando il costo del lavoro, cercando di far diventare più competitive le imprese. Ci sono realtà locali che hanno possibilità di esportare i propri prodotti all'estero. Proprio in questi giorni l'Anpaca ha presentato alla Commissione Industria del Senato un emendamento per dare la possibilità di usufruire della rimodulazione delle somme non spese dei patti territoriali. Il nostro patto territoriale ha una cifra di circa 9 milioni di euro che, se passasse l'emendamento, potrebbe nuovamente essere spesa. Se ne sta interessando il senatore Nino Papania. Il ministero ci riferisce di essere intenzionato a finanziare le infrastrutture. Ciò consentirà di fare il secondo stralcio di contrada Sasi e migliorare le zone artigianali degli altri Comuni del patto territoriale».  

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