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Omicidio Rostagno, Curcio: nessuna pista mi convince

Il fondatore delle Brigate Rosse in aula, davanti a giudici della Corte di assise del processo per l'uccisione del giornalista: "La notizia della sua morte mi ha raggiunto come un evento imprevedibile"

TRAPANI. «La mia esclusione di tutte le ipotesi investigative finora avanzate (pista mafiosa, interna alla Saman e del traffico illecito di armi, ndr) deriva da un'enfatizzazione di un pensiero pessimistico, un giudizio, il mio, non fondato su dati di fatto, ma da attribuire a un'intuizione. Non cambio versione su quanto detto. Preciso, però, di essermi espresso nel pieno di una crisi emotiva». Il fondatore delle Brigate Rosse, Renato Curcio, in aula, davanti a giudici della Corte di assise del processo per l'omicidio del giornalista Mauro Rostagno, spiega così il senso delle sue affermazioni risalenti al 1993.     

All'epoca, come, tra l'altro, riportato in un video visionato in udienza, Curcio affermò:  «In tanti cercheranno di dire che è morto perchè la mafia lo ha ucciso, perchè qualche spacciatore lo ha ucciso, perchè qualche amante deluso lo ha ucciso. Ma niente di tutto ciò ci racconterà la storia di Mauro perchè Mauro non è morto per nessuna di queste ragioni. E la ragione per cui è morto resterà inconfessabile, impossibile da raccontare».     

Curcio ha sostenuto di non aver mai avuto alcun sentore che Mauro Rostagno corresse un pericolo di vita: «la notizia della sua morte mi ha raggiunto come un evento imprevedibile».

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